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Foto Rossella Muroni 3di Rossella Muroni, Presidente dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni

La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha scelto il Word Economic Forum di Davos per annunciare le mosse che dovranno aiutare la tecnologia pulita made in Ue e insieme rispondere agli incentivi dell’Inflation Reduction Act Usa. Ma sbaglierebbe chi leggesse nel Piano industriale per il Green Deal solo una reazione, c’è molto di più. È soprattutto un modo per rilanciare il Green deal come fattore chiave per sostenere l’economia e affrontare il futuro. E contiene l’ambizione - ma poteva essercene di più - di fare dell’Europa, come detto la stessa von der Leyen, “la patria della tecnologia pulita e dell'innovazione industriale sulla rotta dell'azzeramento delle emissioni”.

Le premesse sono, evidentemente, che l’Ue deve realizzare la transizione verso un sistema produttivo a zero emissioni nette senza creare nuove dipendenze - come quelle già sperimentate dalla Russia per il gas e dalla Cina per molte materie prime necessarie all’economia green - e che “dobbiamo essere competitivi con le offerte e gli incentivi che sono disponibili all'esterno dell'Unione europea”.  Un riferimento abbastanza esplicito al piano di riduzione dell'inflazione annunciato negli Stati Uniti. Ma, come accennato, quella europea è una mossa che va ben oltre la reazione a quanto deciso altrove.

Così il Piano industriale per il Green Deal coprirà quattro pilastri chiave: il contesto normativo, il finanziamento, le competenze e il commercio. Il primo pilastro, ha spiegato la Presidente vor der Leyen, dovrà "creare un ambiente normativo che permetta la crescita rapida e la creazione di condizioni favorevoli per i settori cruciali per raggiungere lo zero netto delle emissioni, come l'eolico, le pompe di calore, il solare, l'idrogeno pulito, l'accumulo di energia e altro, per i quali la domanda è sostenuta dai nostri piani NextGenerationEU e RePowerEU". Per questo la Commissione presenterà un Net Zero Industry Act, sul modello del Chips Act, che individuerà obiettivi chiari per le tecnologie pulite europee da raggiungere entro il 2030 e che servirà anche a concentrare gli investimenti su progetti strategici che coinvolgano le intere filiere. Nell’idea della Commissione il Piano per l’industria pulita comprenderà delle semplificazioni che velocizzino le autorizzazioni per i nuovi siti di produzione clean-tech e sarà complementare alla futura legge sulle materie prime critiche essenziali per la transizione green, come il litio. Con l’idea, appunto, di un’industria europea a prova di dipendenze.

Sul fronte finanziamento la Commissione proporrà un allentamento delle regole per gli aiuti di Stato e un aumento dei finanziamenti Ue in due tempi. Per il medio termine la ricetta è un Fondo sovrano europeo le cui risorse deriveranno dalla revisione di medio-termine del bilancio comunitario (2021-2027) che ci sarà a giugno. Il Fondo richiederà alcuni mesi, ma fornirà una soluzione strutturale per aumentare le risorse disponibili per la ricerca, l’innovazione e i progetti industriali strategici per l’obiettivo ‘net zero’. Una risposta di livello europeo, quanto mai necessaria per rafforzare con efficacia la competitività dell’industria europea. Nel frattempo però, visto che non tutti gli Stati membri hanno lo spazio fiscale per ricorrere agli aiuti pubblici e che per il Fondo servirà tempo, si cerca una soluzione ‘ponte’ per il breve periodo. Si valuta in tal senso il potenziamento finanziario di ‘REPowerEu’.

Passando agli altri pilastri del Piano, le competenze serviranno per qualificare i lavoratori con nuove le conoscenze e specialità richieste della transizione ecologica ed evitare le delocalizzazioni, mentre il commercio avrà due direttrici principali: da un lato avvicinare di più i partner con nuovi accordi e garantire che i programmi di incentivi messi in campo da Usa e Ue siano equi e reciprocamente rafforzati, e dall’altro concorrere alla pari e limitare le pratiche sleali, della Cina in primis.

In attesa di un Piano industriale green per l’Italia di cui non c’è traccia, ben venga quello europeo. Per un’Europa nata sull’acciaio e sul carbone, che rinnova e rafforza la sua identità puntando sulla transizione ecologica in risposta alla crisi climatica.