contattaci2
Chiamaci: 06 441 146 25
Scrivici una e-mail
area riservatacerca
cercaarea riservata
logo rigenerazioni NEWS 800x100 trasparente

Copertina Indagine EurispesL’Eurispes, Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali, ha presentato a metà maggio l'Indagine sulle infrastrutture ed il comparto edilizio in Italia con l’obiettivo di esplorare lo stato di salute del settore e l’adeguatezza del sistema infrastrutturale nel nostro Paese.

Si tratta di un volume di circa 560 pagine che approfondisce diversi aspetti e affronta temi di attualità come le ricadute del Recovery Plan sul comparto, la sicurezza delle infrastrutture, i problemi legati al “nanismo” delle imprese e quelli derivanti da un eccesso di burocrazia e di disposizioni legislative, le ZES, il Piano per le Città, le nuove tecnologie BIM, ma anche la necessità di vigilare sul settore in termini di mantenimento della legalità.

Riportiamo qui alcuni dati:

  • I freni alla crescita: il nanismo imprenditoriale che caratterizza il mondo produttivo italiano rappresenta ancora oggi un freno. Sono oltre 4.400.000 le aziende nel sistema “industria e servizi” che occupano circa 17.300.000 lavoratrici e lavoratori. Le imprese mediamente occupano circa 4 lavoratori e il 95% non supera i 9 addetti. Nel settore edile, effettuando una comparazione tra le prime 20 imprese iscritte all’Ance trenta anni fa e quelle presenti oggi, emerge la storia dell’evoluzione dell’intero comparto delle costruzioni caratterizzata da una inarrestabile crescita di imprese medio-piccole e, al tempo stesso, di un’inarrestabile “nanismo”. Un nanismo che in assenza di occasioni di lavoro, in assenza di affidamenti non ha prodotto l’aggregazione di imprese piccole e medie, anche perché nel comparto delle costruzioni la sommatoria di imprese piccole o di imprese medie non dà origine ad una grande impresa. Il rating di una impresa, aggregandosi con altre imprese, implementa solo le garanzie e le capacità organizzative per partecipare a gare di opere con importi più rilevanti, ma non implementa le caratteristiche legate alle relative “iscrizioni”.
  • Che cosa succederà con il PNRR?: Se si prende come riferimento una soglia di lavori compresa tra i 2 e i 20 milioni di euro, scopriamo che il numero di imprese potenzialmente in grado di partecipare a tali gare si attesta su un valore pari a circa 9.000 unità; oltre i 20 milioni di euro le imprese non superano le 530 unità. D’altra parte, non si può sottovalutare il costante, forte ridimensionamento del tessuto produttivo; la scomparsa dal mercato di decine di migliaia di imprese di costruzioni (tra il 2008 e il 2016 oltre 120mila) soprattutto nelle aziende più strutturate, con conseguente perdita di competenze tecniche ed esperienze; la perdita di imprese di dimensioni medie o grandi (la media di addetti per impresa è scesa a 2,6, era 3 nel 2008), e di imprese che si occupano di costruzioni di edifici (la quota di mercato è scesa al 23%). Paghiamo, oggi più che mai, la mancanza di progetto e non siamo ancora riusciti a far fronte alle emergenze che si sono materializzate in questi dodici anni. Abbiamo assistito alla fuga di almeno 600.000 addetti. Mancanza di manodopera, aumento dei costi delle materie prime, rischiano di frenare la crescita. Scarseggiano operai e artigiani, e negli ultimi mesi il personale è di difficile reperimento. Scarseggia il personale specializzato, soprattutto nel mantenimento di strutture edili. Siamo passati dalla mancanza di lavoro alla mancanza di manodopera. Un recente report della Bce ha, inoltre,  messo in luce che, malgrado gli intervenuti miglioramenti, l’accesso ai finanziamenti continua ad essere il problema più importante per una gran parte delle imprese di piccole e medie dimensioni. L’imposizione di requisiti patrimoniali più severi e l’accumulo di crediti deteriorati sono le ragioni che hanno fortemente vincolato la capacità delle banche di erogare ulteriori prestiti.
  • Come è cambiato il mondo delle imprese di costruzione negli ultii trent'anni? Da un confronto tra le prime venti imprese nel 1990 e nel 2020 ci troviamo di fronte ad una crescita, in alcuni casi, di dieci volte del fatturato. Ma, cosa ancor più grave, questo confronto mostra la scomparsa in trent’anni di molte società nella graduatoria delle prime venti imprese e nell’intero comparto. Ministeri, Comuni, Province e Città metropolitane lavorano prevalentemente con il sistema delle piccole imprese regionali, a cui corrisponde oltre il 50% dell’importo aggiudicato da questi Enti, a conferma del fatto che i sistemi locali salvaguardano le piccole imprese almeno rispetto alle piccole opere, le manutenzioni stradali, la piccola edilizia, ecc. Invece, la quasi totalità della spesa dei lavori effettuata da Rete Ferroviaria Italiana, Grandi Stazioni, Enel, Anas, Poste è acquisita dalle medio-grandi imprese, e solo in sporadici casi il sistema delle piccole e medie imprese riesce a lavorare per gruppi quali Acea, Italgas, Adr o altre grandi utilities.
    Uno degli ostacoli maggiori alla partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici, come rilevato da una recente indagine di Unindustria Roma e Lazio sul sistema degli appalti per le MPMI è il tempo che passa tra la decisione di avviare un progetto di intervento (che coincide con la richiesta del CUP) e l’avvio della progettazione che in Italia richiede, in media, 254 giorni. Ciò significa che, una volta che si è deciso di attivare un nuovo progetto e se ne è individuata la copertura finanziaria (elemento necessario per il rilascio del codice CUP), il progetto resta in stand-by per 8-9 mesi. Una volta partiti con la progettazione degli interventi, occorre attendere più di 1 anno (372 giorni) per avere il progetto definitivo. I tempi di attesa per la pubblicazione della gara, della successiva aggiudicazione alla stipula del contratto e dell’avvio dei lavori rendono i  tempi di cantierabilità delle opere molto lunghi.
  • Il Mezzogiorno non può essere lasciato indietro: dell’importo di 54 miliardi di euro del Fondo Coesione e Sviluppo 2014-2020 (quindi in sei anni), sono stati erogati e spesi appena 3,8 miliardi di euro. Dall’analisi di tutte le risorse autorizzate nei vari periodi (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020) è emersa una disponibilità di circa 32 miliardi di competenza dei vari Dicasteri e 47,5 miliardi delle Regioni. Guardando le disponibilità finanziarie delle Regioni del Centro-Nord scopriamo che circa il 19% è allocato in tali realtà territoriali. La preoccupazione è che circa 9 miliardi di euro siano davvero spesi, mentre le restanti risorse destinate al Mezzogiorno (pari a circa 38,5 miliardi di euro) non lo siano in tempi quanto meno comparabili.
  • Gli investimenti e le ricadute sul comparto: lo scenario delle imprese industriali e dei servizi che emerge dall’indagine Istat “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19” (ottobre – novembre 2020), riguarda circa 40mila imprese, il 24% delle imprese, con almeno tre addetti, che producono però l’84,4% del valore aggiunto nazionale, impiegano il 76,7% degli addetti (12,7 milioni) e il 91,3% dei dipendenti, costituendo, quindi, un segmento fondamentale del nostro sistema produttivo. L’investimento previsto nel PNRR potrebbe determinare complessivamente un’attivazione di circa 38 mld di euro di valore aggiunto sul sistema produttivo, pari al 2,4% del livello di riferimento (1,8% dovuto agli effetti diretti, 0,6% a quelli indiretti). Il tasso di ritorno degli investimenti in Costruzioni è di circa il 77% (0,77 mln di euro di valore aggiunto generato ogni milione investito), con una produttività attivata di 53,9 mila euro per unità di lavoro, un livello relativamente contenuto. Circa il 38% dell’attivazione totale è concentrato nelle Costruzioni (14,1 mld di euro, +21,1%), in prevalenza nel comparto dell’ingegneria civile (6,3 mld di euro, +81,5%). Appare percentualmente rilevante anche l’impatto sul settore della Costruzione di edifici (+3 mld di euro, +19,8%) e sulla Ricerca e Sviluppo (3,8 mld di euro, +23,3%).
  • La frantumazione delle opere: il nostro Paese dispone di un volàno di risorse globale di circa 320 miliardi di euro, così articolato: Residuo Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, 30 mld di euro (scadenza 31.12.2023); Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027, 52 mld di euro (scadenza 31.12.2027); Recovery Fund (fondo perduto) 68,9 mld di euro (scadenza 31.12.2026); Recovery Fund (prestito) 122,6 mld di euro (scadenza 31.12.2026); Piano complementare al Recovery Plan, 30,6 mld di euro (scadenza 31.12.2026); Disponibilità residue Contratto di Programma ANAS, 6,2 mld di euro (31.12.2023); Disponibilità residue Contratto di Programma RFI 8 mld di euro (31.12.2023). Di tali importi, circa 142 miliardi di euro sono relativi a interventi nel comparto delle costruzioni, cioè quasi il 45% e, escluse le risorse inserite nel Fondo Sviluppo e Coesione, nella maggior parte dei casi sono relativi ad interventi nel comparto delle grandi opere (reti ferroviarie, reti metropolitane e impianti portuali). Ci troviamo, quindi, di fronte ad una disponibilità finanziaria che rischia di essere utilizzata solo da soglie imprenditoriali elevate. Escluse alcune opere relative ad assi ferroviari e stradali, in cui sarebbe difficile e rischiosa una frantumazione dell’opera, le varie Stazioni appaltanti - secondo Eurispes - dovrebbero suddividere gli interventi in lotti non superiori a 200 milioni di euro e dotarsi del Project Management Consultant (PMC).
  • Le white list: nel comparto edile, il subappalto in determinati comparti del processo produttivo, presenta delle criticità che vanno risolte in maniera definitiva, come garanzia di crescita equa e concorrenziale tra imprese del settore, danneggiate in primis dalle intrusioni del crimine organizzato. Il concerto tra imprese e tutori della legalità ha portato alle seguenti azioni: garanzia di tracciabilità dei pagamenti con riguardo ai lavori pubblici; controllo degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali per l’attività dei cantieri, al fine di rendere facilmente individuabile la proprietà degli stessi automezzi; identificazione degli addetti presenti nei cantieri; costituzione, presso tutte le Prefetture, di elenchi di fornitori, non soggetti al rischio di inquinamento mafioso. Le prime tre misure sono state accolte dal legislatore, che nel “Piano straordinario contro le mafie” (Legge 136/2010), ha previsto norme specifiche in materia di tracciabilità dei flussi di denaro, controllo degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali nei cantieri e identificazione degli addetti nei cantieri. Il tema delle white list, invece, non ha ancora trovato una adeguata collocazione nel quadro normativo, in quanto si auspica un loro utilizzo più radicale e generalizzato ad uso del settore edilizio. Bisogna fare una premessa, ovvero che il tema delle white list nasce dalla constatazione che l’infiltrazione malavitosa, più che nei contratti principali, si insinua nei sub-contratti, soprattutto in relazione a specifiche attività quali espressione del controllo del territorio esercitato dalle organizzazioni criminali. Si tratta delle succitate attività che presentano le maggiori criticità nel settore, e che interessano, in maniera particolare, il ciclo delle cave, del calcestruzzo e del bitume, i cottimi, i noli a caldo e a freddo e lo smaltimento in discarica. Rappresentativo è il ciclo del calcestruzzo: per una buona esecuzione dei lavori, è necessario che gli impianti di betonaggio siano scelti in prossimità del luogo di utilizzo, in quanto il materiale deve essere messo in opera entro due ore dal momento in cui viene introdotta l’acqua nella miscela. La distanza, dunque, intercorrente tra l’impianto di betonaggio e il cantiere non può essere superiore ai 30/40 km e quindi, ciascun cantiere è costretto, per motivi tecnici, a rivolgersi ai fornitori presenti entro quella distanza. Per quelle attività che presentano tali caratteristiche di prossimità, quindi, appare indispensabile creare, a livello prefettizio e in ciascun àmbito territoriale, un elenco dei soggetti per i quali venga escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 10 del DPR 252/98. In tali elenchi sarà possibile, da parte delle imprese operanti, ricercare partner commerciali adeguati in quello stesso territorio. Altro tema inerente la questione delle white list riguarda la loro applicazione, vale a dire la loro obbligatorietà per determinati comparti produttivi. Innanzitutto, la definizione delle attività a rischio è senz’altro un passo importante, che però rischia di essere vanificato dalla mancanza di una esplicita obbligatorietà dell’iscrizione a tali elenchi per le imprese operanti nei settori attenzionati. L’ art. 13 del DDL “Anticorruzione” individua le attività a maggiore rischio di infiltrazione mafiosa e ne prevede l’informazione antimafia, di cui all’art. 10 del DPR 252/1998, indipendentemente dal valore delle soglie. La stessa norma prevede l’aggiornamento periodico degli elenchi, al fine di tener conto di eventuali mutamenti nelle strategie criminali di penetrazione nell’economia.La norma è senza dubbio un importante passo in avanti, ma andrebbe completata esplicitando chiaramente l’obbligatorietà di iscrizione alle white list delle imprese operanti nei settori a rischio. In tal modo il controllo verrebbe esteso a tutte le imprese presenti in tali comparti, sia per le forniture relative a lavori pubblici che a quelle per i lavori privati. È stato osservato, infatti, che le white list costituite su base volontaria, ovvero quelle previste attualmente dall’ordinamento, risultano del tutto inefficaci, e anzi vengono percepite dagli operatori come una complicazione aggiuntiva, piuttosto che come una tutela di tutti i soggetti coinvolti. L’obbligatorietà delle white list dovrebbe inoltre riguardare tutti gli investimenti relativi al settore delle costruzioni, sia pubblici che privati, e non solo quelli relativi agli appalti pubblici.

In conclusione, Il PNRR rappresenta anche per l’intero comparto edile un’opportunità storica di ripartenza e rilancio. Su un totale di 222 miliardi di euro ben 108 riguardano edilizia e costruzioni, per grandi infrastrutture, opere di manutenzione e messa in sicurezza di città e territori. Il comparto delle costruzioni e dell’edilizia si trova, dunque, di fronte a un punto di svolta strategico. Lasciati alle spalle il ciclo negativo iniziato nel 2008 e la crisi profonda ulteriormente aggravata dall’emergenza sanitaria, è tornato ad essere protagonista e al centro delle prospettive di sviluppo dei prossimi anni. Tanti progetti, molte opportunità da poter cogliere. Perciò diventa decisiva la capacità di ascolto delle Istituzioni, delle persone che hanno il ruolo e le responsabilità di governare e scegliere a livello nazionale e locale come, dall’altra parte, per imprenditori e parti sociali, la lungimiranza e la sapienza nel rappresentare le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori e tutelarne i diritti.

Per la Redazione - Serena Moriondo