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Foto Sateriale recentedi Gaetano Sateriale, componente del Comitato scientifico dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni

Dallo studio dell’ILO, come sempre preciso ed esplicito, sul rapporto tra produttività e lavoro nei paesi asiatici di più intenso sviluppo (Cina, India, Corea e Giappone), emergono due modelli contrapposti. Una “strada alta” in cui il rapporto tra aumento della formazione, delle competenze, della responsabilizzazione e dei salari dei lavoratori genera un netto incremento della produttività delle imprese che investono sul lavoro. E una “strada bassa”, in cui l’innovazione tecnologica tende a sostituire le quantità di lavoro, a impoverirne la qualità, a contenere le retribuzioni, che si accompagna a una stagnazione della produttività delle imprese e del sistema industriale. Sono ovviamente modelli che possono convivere nei diversi paesi tra un settore di attività e l’altro, una dimensione di impresa e l’altra. Sono anche modelli che producono forti diseguaglianze anche all’interno del mercato del lavoro e della struttura occupazionale.

Immaginando una trasposizione sommaria della puntuale ricerca dell’ILO in Europa, si può prevedere già una prima distinzione tra i Paesi del Nord (dalla Germania in su) che investono da tempo sul lavoro (sia dei propri cittadini che dei migranti) e si collocano sulla “strada alta”, e i Paesi del Mediterraneo che hanno invece puntato da anni sugli investimenti in tecnologie sostitutive del lavoro. I primi con risultati importanti di sviluppo e crescita del benessere, i secondi immersi in una lunga stagnazione: fatta di ripartenze improvvise e di crisi che si alternano, con una diseguaglianza che cresce sia sul piano economico che sociale e territoriale. Fa ben sperare la dichiarazione di insediamento del giovane primo ministro francese Gabriel Attal: “Scuola e lavoro sono le mie priorità”. Sarebbe necessario che un impegno di tal genere fosse assunto come politica generale di crescita sociale ed economica anche, e soprattutto, dall’Unione Europea.

L’ILO tiene conto, fra i tanti fattori di incremento della produttività, anche dell’estensione dei servizi di Welfare e del sistema delle relazioni sindacali esistenti nei vari Paesi esaminati. Anche in questo caso c’è una correlazione positiva tra buone relazioni sindacali, Welfare pubblico diffuso e aumento della produttività e del Benessere Equo e Solidale (diremmo noi).

Su questi due temi non si esagera nel dire che l’Europa è all’avanguardia nel mondo, sia per i sistemi assodati di contrattazione, sia per i sistemi di welfare pubblico a partire dalla sanità e dalla previdenza. Nei Paesi del Nord Europa, come è noto, modelli di “partecipazione” sono definiti per legge. In Italia il principio costituzionale della “partecipazione del lavoro” non si è mai trasformato in legge ma solo in esperienze contrattuali molto ricche seppure molto rare.

Sarebbe assai interessante provare ad applicare la metodologia ILO sul nostro Paese. Un Paese in cui produttività delle imprese (non solo industriali), Pil e retribuzioni sembrano congelate dalla fine del secolo scorso e dove (al di là delle quantità propagandate) il lavoro sempre più si polarizza tra lavoro competente, responsabile, coinvolto e ben retribuito da un lato e lavoro povero (“lavoro di scarto” direbbe Papa Francesco) in genere offerto a giovani e donne, indipendentemente dalle loro competenze.

Una ripresa orientata dell’attività contrattuale (che nel nostro Paese è sempre venuta prima di quella legislativa) potrebbe essere sollecitata da un’indagine sulla relazione tra lavoro e produttività sul modello ILO da farsi in Europa e in Italia per cogliere analogie e differenze reali (non terminologiche). Difficile credere che possa partire uno studio del genere, partecipato come occorrerebbe, prima delle prossime elezioni europee. I sindacati potrebbero però iniziare a sollecitarlo all’ILO fin d’ora.