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Foto Dezza di  Vittorio Cogliati Dezza, Coordinamento Forum Disuguaglianze e Diversità e componente del Comitato Scientifico dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni

Per alcuni mesi, all’inizio del suo mandato, l’annichilimento del Superbonus è stato un’ossessione per il Governo Meloni.

Con il decreto del 16 febbraio, convertito in legge il 4 aprile (L. 38/23), l’operazione è stata portata a termine con poche mosse ben mirate: stop a cessione del credito e allo sconto in fattura, divieto per gli Enti Locali di acquisire i crediti, progressivo rientro della detrazione fiscale al 65% per il 2025, misure “salva crediti” per il sistema finanziario. Senza alcuna attenzione agli elementi positivi di discontinuità, che il Superbonus aveva segnato. Dopo l’era della moltiplicazione dei bonus edilizi, tutti con un forte carattere regressivo, il Superbonus, come documenta il Rapporto pubblicato dal Forum Disuguaglianze e Diversità La sfida dell’efficienza energetica alla prova delle disuguaglianze, ha rappresentato l’unica politica strutturale con significativi effetti redistributivi. La detrazione del 110% e la cessione del credito hanno consentito anche alle famiglie incapienti di intervenire e ridurre i consumi energetici delle abitazioni, contrastando alcune delle cause della povertà energetica e migliorando le condizioni abitative dei più vulnerabili. Ed ha prodotto, al tempo stesso, vantaggi occupazionali, incremento del PIL, nonché un significativo incremento del risparmio energetico: 0.52 Mtep nel ’21, 1.39 Mtep nel ’22, e 2.25 Mtep nel ’23.

Certo, non sono mancati i limiti: tempi concitati, crescita speculativa dei prezzi dei materiali, timidezza negli obblighi di efficientamento, incentivazione anche per le caldaie a gas, esclusione delle abitazioni senza impianti termici fissi, generosità finanziaria anche verso classi sociali che non ne avrebbero bisogno. Limiti che avrebbero richiesto modifiche puntuali. Invece il governo Meloni, in sostanziale continuità con Draghi, ha deciso di smontare del tutto il Superbonus.

Poi qualcosa è successo, risolte le preoccupazioni del sistema finanziario per i crediti incagliati, dai primi di luglio è partita ufficialmente la rincorsa al Nuovo Superbonus. Si comincia a parlare di una Proposta di Legge, presentata addirittura il 9 marzo, nel pieno delle conversione in legge del decreto anti-Superbonus, dall’on.le Gusmeroli, della Lega e Presidente della Commissione Attività Produttive, che stabilizza un incentivo del 60% fino al 2035 e riapre alla cessione del credito per gli incapienti, a cui viene riconosciuta la possibilità di scontare in fattura il 100% del costo e di accedere ad un Fondo statale, finanziato con 20 milioni annui. Una retromarcia solo parziale rispetto alle posizioni del governo, perché se da un lato riconosce la necessità di stabilizzare la misura e di garantirne l’accesso a tutti, dall’altro pone significativi limiti sulla riduzione effettiva delle emissioni e sulla stessa funzione redistributiva: la misura vale solo per gli edifici in classe G, con obbligo di migliorare solo di due classi, è solo per i contribuenti dell’abitazione principale, nessun riferimento all’obbligo di sostituire le caldaie a gas, ed il limite economico per accedere è molto stretto (15000€).

Ma qualcosa è cambiato. Il Pniec parla di riforma dei bonus, di aliquote crescenti in rapporto alle prestazioni energetiche, di agevolazioni per le famiglie a basso reddito, di priorità da dare agli interventi su edifici meno performanti, anche se difende a oltranza l’utilizzo delle caldaie a gas.

In modo ancor più netto, in questi giorni, interviene la Cabina di regia del PNRR proponendo lo spostamento di 3 miliardi dal Sismabonus all’Ecobonus, per finanziare l’efficientamento energetico e salvando le caldaie a gas. A completare il quadro interviene il Presidente di Confedilizia, che, ribadendo la contrarietà all’approvazione della direttiva europea sugli edifici green, sottolinea la necessità di varare un piano decennale di incentivi fiscali per l’efficientamento già con la prossima legge di bilancio, purché senza soglie obbligatorie da raggiungere.

Se la partita si riapre, è importante discutere per costruire una strategia chiara, che tenga insieme obiettivi ambientali e abitativi, anche per le fasce economicamente più deboli: stabilizzazione delle misure per l’opportuna pianificazione degli investimenti; incentivi per raggiungere gli obiettivi della direttiva EPBD ed incremento progressivo dell’incentivo in rapporto al miglioramento dell’efficientamento raggiunto; esclusione delle caldaie a gas; accesso garantito alle fasce di reddito più basso ed esclusione seconde case; cessione del credito per gli incapienti; attenzione all’Edilizia Residenziale Pubblica; integrazione degli interventi sulle singole abitazioni, con quelli a scala di comunità e di quartiere.

Tanto più urgente oggi che in un’Europa condizionata dalla prossima scadenza elettorale è avviata la negoziazione per l’approvazione della Direttiva per le case green, mentre l’accelerazione della crisi climatica impone con sempre più urgenza la necessità di sviluppare politiche che rinforzino le azioni di efficientamento energetico.