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Ben 13,5 milioni di italiani, oltre il 20% della popolazione, vivono nelle cosiddette aree interne, cioè a una distanza significativa - più di 20 minuti - dai centri che forniscono servizi essenziali come scuole secondarie, ospedali e stazioni ferroviarie. Sono aree storicamente gravate da debolezza economica e produttiva, bassi livelli di reddito e ricchezza, alti tassi di spopolamento, emigrazione giovanile, scarsa natalità e invecchiamento degli abitanti.

In Italia dal 2002 a oggi il numero dei municipi è sceso da 8.102 a 7.901, il 53% di questi affronta quotidianamente le difficoltà dovute alla marginalizzazione.

Entro il 2027 la Strategia nazionale per le aree interne, di cui è  iniziato da pochi mesi il secondo ciclo di programmazione, prevede interventi per migliorare i servizi di cittadinanza e creare opportunità economiche in 1.094 Comuni (di cui 35 nelle isole minori) con oltre 4,5 milioni di abitanti. Approvata nel 2014, la SNAI è stata attuata per la prima volta a partire dal 2018 in 19 aree pilota.

Passata dalla fase sperimentale a quella strutturale, la Strategia nazionale per le aree interne, nel corso dei due cicli di programmazione è arrivata progressivamente a coinvolgere 124 aree di progetto per uno stanziamento complessivo, tra varie fonti di finanziamento, che si aggira attorno al miliardo e mezzo di euro. Le aree SNAI sono composte, come pre - requisito, almeno all'80% di Comuni che ricadono in "aree interne", come classificate dall'Istat, e per esse sono stati messi in campo diversi interventi, con l’obiettivo del rilancio e del ripopolamento. E ci sono già indicatori in grado di dirci qualcosa sull'efficacia di questa politica. Si cominciano, infatti, a registrare casi e zone in cui gli interventi danno gli effetti desiderati: in Piemonte, in Trentino, in Lombardia.

L'Ufficio valutazione Impatto del Senato, nel luglio 2023 ha messo a punto uno studio "Come far rinascere i paesi spopolati?ì I primi risultati della Strategia nazionale per le aree interne", nel quale si trovano le prime risposte ad alcune domande:

- La SNAI ha generato qualche effetto sull'invecchiamento e lo spopolamento? Esaminando la percentuale di popolazione over 65 - è il fattore demografico che spiega la sopravvivenza o l'estinzione di una comunità - non sono stati registrati cambiamenti significativi. Ciò può essere dovuto al breve periodo di implementazione della Strategia.

- La SNAI ha prodotto effetti sulle attività produttive? Si segnala un effetto positivo sia nell'anno della sua introduzione che in quello successivo, con un aumento persistente del numero di unità locali. In media, i comuni che hanno ricevuto i finanziamenti hanno circa 4 unità locali in più il primo anno e 5 in più il secondo. L’aumento è riconducibile o a un maggior numero di nuove aperture o a un minor numero di chiusure di attività esistenti. I risultati sono robusti e superano diversi test statistici.

- Ci sono stati effetti di spillover sui comuni limitrofi? La politica sembra aver generato effetti positivi anche sul numero di attività dei comuni limitrofi, entro un raggio di 10 km.

In base al monitoraggio effettuato dal sito del governo OpenCoesione, i 1.788 progetti finanziati coi fondi SNAI nel ciclo 2014-2020 sono relativi a: Trasporti e mobilità 27%; Cultura e turismo 18%;  Inclusione sociale e salute 15%;  Istruzione e formazione 9%; Competitività delle imprese 8%;  Energia 7%; Ambiente 6%; Reti e servizi digitali 5%; Ricerca e innovazione 3%; Capacità amministrativa 3%; Occupazione e lavoro 1%.

Finora la SNAI si è dimostrata una strategia promettente: nei comuni trattati non ha influenzato significativamente la struttura della popolazione, ma ha favorito, nei primi due anni, l'insediamento di nuove attività o la continuità di impianti che avrebbero chiuso senza il trattamento. Con la nuova programmazione ci potranno essere nuovi miglioramenti.

Tra i settori trainanti, sostengono dall'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) c’è “l'evoluzione del settore agricolo attraverso il conseguimento di un alto potenziale tecnologico. Questo ha permesso a molti giovani di tornare. Tra l’altro l’abbandono terreni provoca dissesto, è una ragione ulteriore per incentivarne l’utilizzo”. Poi il turismo, la telemedicina, risposte nel campo dell’istruzione (potenziando il settore del trasporto scolastico con servizi in gestione associata tra i Comuni), le infrastrutture digitali. Un ambito di notevole interesse riguarda la governance.

Una risposta all’invecchiamento della popolazione è quella del senior housing (o senior living) che comprende soluzioni per la residenzialità della terza età, solitamente gli ultrasessantenni, tendenzialmente autosufficienti. Alloggi indipendenti e strutture specifiche create appositamente per soddisfare i loro bisogni sanitari e sociali, con zone comuni, attività di vario genere che vanno incontro a svariati interessi, e servizi, anche sanitari, su richiesta.  “In Italia - spigano dall'INU - siamo praticamente agli albori, è un fenomeno nato all’estero, in particolare negli Stati Uniti, in Nord Europa, in Francia, Inghilterra, Spagna. Da noi si osserva un certo dinamismo nell’ambito del cohousing: nelle soluzioni che creano comunità residenziali si comincia a notare attenzione anche a un certo periodo della vita che è il target del senior housing, per facilitare il mantenimento o la creazione di relazioni, per un invecchiamento attivo. Si registra anche il tentativo di sperimentazione attraverso la residenzialità condivisa con i giovani, con formule intergenerazionali”.

Si tratta ancora tuttavia di soluzioni di nicchia, che riguardano le città più grandi, appannaggio più che altro dell’attivismo del terzo settore e delle fondazioni. “Il problema è che in Italia quando si parla di invecchiamento della popolazione ci si concentra sulla risposta sanitaria, e non sull’evoluzione dell’invecchiamento. Anche il PNRR, infatti, ha previsto risorse per l’assistenza sanitaria domiciliare, per lo Student housing e non per le residenzialità alternative come il senior living. La novità è che Cassa Depositi e Prestiti, invece, nel piano 2022 - 2024, ha previsto nel Fondo Nazionale Abitare Sostenibile interventi immobiliari per 1 miliardo focalizzati sulle 3 's': social, student e senior housing. Da questo punto di vista all’estero c’è più attenzione”. E concludono: "L’invecchiamento della popolazione ed il cambiamento climatico sono inoltre i due mega - trend da mettere necessariamente in relazione per progettare il nostro futuro. Occorrerà quindi un ripensamento di esigenze e risposte in questa nuova logica, nel disegnare o ridisegnare i territori, le città ed i servizi, anche in base alle caratteristiche ed alle scelte dei Comuni che si troveranno in prima linea a gestire questi cambiamenti”.

* Foto di Jude Infantini su Unsplash

 Per la Redazione - Serena Moriondo