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"Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica. Ed è anche un po’ vero ed è stato detto stamane. Ma non è tutto qui, c’è qualche cosa di più alto. [...]  Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà […] La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell’art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: 'Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali'. E l’art. 151: 'Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.' Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni. […]". Queste parole le ha pronunciate Piero Calamandrei nel discorso al  III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN), la scuola pubblica,  l'11 febbraio 1950 a Roma.

Sono parole particolarmente attuali nel momento in cui, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sentito la necessità di esprimere solidarietà alla dirigente della scuola statale Iqbal Masih di Pioltello, in provincia di Milano, che ha scelto di utilizzare uno dei giorni di “sospensione dell’attività didattica” (consentiti dalla “quota di autonomia” nella definizione del calendario scolastico), in coincidenza con la festa di conclusione del Ramadan. Il Consiglio di Istituto di quella scuola ha approvato tale scelta dal momento che una parte consistente della popolazione scolastica dell’istituto, circa il 40%,  è di fede islamica, e quindi in quel giorno non andrebbe a scuola. La decisione è stata contestata dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha fatto intervenire l'Ufficio scolastico regionale della Lombardia per bloccarla e dal ministro Salvini che ha criticato la scuola per aver fatto una scelta "contro le tradizioni del nostro paese", non perdendo l'occasione di dimostrare che ignoranza e spudoratezza sono, purtroppo, tratti comuni e pericolosi.

Per questo vi segnaliamo l'articolo di particolare interesse di Mauro Piras dal titolo "Sul Ramadam a Scuola", pubblicato il 27 marzo 2024 per Ia Rivista il Mulino. Mauro Piras è dirigente scolastico dell'Istituto Comprensivo Masaccio di Firenze dopo aver insegnato per vent'anni nei licei. Ha pubblicato saggi di filosofia politica e politica scolastica. È tra i fondatori del gruppo Condorcet. Ripensare la scuola.

"Garantire il diritto all’istruzione e la libertà religiosa, senza violare il carattere laico delle istituzioni.(..) Su questo terreno, due cose vanno chiarite: la libertà religiosa e la “laicità dello Stato” (..) Permettere agli alunni di religione islamica di non perdere un giorno di scuola ha a che fare con la libertà religiosa e insieme con il diritto all’istruzione, quindi con i principi generali che reggono una democrazia liberale. (..) Ma occorre adottare soluzioni pragmatiche ed evitare interpretazioni fuorvianti."

Link: Sul_Ramadam_a_Scuola.pdf

* Foto di Craig Whitehead su Unsplash

Per la Redazione - Serena Moriondo