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125520534 2442e7b8 c3d3 4fe0 bea7 3b02fa96ce6bL’energia è un ampio segmento dell’economia che riguarda le materie prime, i prodotti finiti e i servizi, tra cui l’estrazione mineraria, la produzione, la commercializzazione, il trasporto e la distribuzione, oltre ad aspetti che riguardano la sicurezza e, come abbiamo imparato con la guerra Russia-Ucraina, la geopolitica.

Questo segmento presenta la particolarità di essere un fattore essenziale per gli altri settori dell’economia e ha quindi bisogno di ogni tipo di talento. Anche per fare la transizione energetica dunque abbiamo bisogno di punti di vista differenti, di soluzioni innovative e inclusive. Ovvero, abbiamo bisogno del contributo sia degli uomini sia delle donne.
Eppure - come spiega Chiara Beretta nel primo numero della rivista on line "Transizione energetica" - sono ancora i primi (gli uomini), molto più delle seconde, a occuparsi del settore energetico anche se la presenza delle donne è più elevato rispetto ad altri ambiti economici. Lo sottolinea l'Agenzia Internazionale dell'Energia che da alcuni anni monitora la diversità di genere in quest'ambito.

E' sempre l'Agenzia che ricorda che quello dell'energia è al momento uno dei settori con la minore diversità di genere, il ché determina grandi squilibri professionali tra donne e uomini sia nel settore privato che in quello pubblico, senza che si sia riscontrato fino ad ora, al suo interno, un’autentica volontà di agire lungo l’intera catena del valore per colmare tale divario di genere.

Il numero di donne che occupano posizioni dirigenziali nel settore dell’energia è molto esiguo. Già uno studio dell’EIGE (l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere), del 2012, mostrava che in Germania, Spagna e Svezia il 64 % delle 295 imprese di questo settore non contava donne tra i propri dirigenti. La situazione era migliore nel settore delle energie rinnovabili e del petrolio, e un po’ migliore nei paesi del Nord, ma in tutti gli Stati membri le donne dirigenti erano assenti dai settori delle tecnologie connesse all’energia. Nel 2019 le disuguaglianze di genere continuavano a destare preoccupazione in questo settore (un punteggio di 51,9 dell’indice sull’uguaglianza di genere), sebbene l’EIGE segnalasse che quasi tutti gli Stati membri avevano compiuto dei progressi negli ultimi anni. Oggi, le donne costituiscono circa il 32% della forza lavoro nelle rinnovabili: un dato migliore rispetto all'oil&gas (22%), ma inferiore rispetto ai settori non energetici (45,9%). La presenza femminile è bassa anche nei ruoli manageriali, più che nei settori non energetici (solo il 10,8%) e ancora più basso per le AD (3,8%).

In Francia, l’azienda produttrice e distributrice di energia EDF (Électricité de France) nel 2020 si vantava di avere il 25 % di donne nel suo organico e il 27 % di donne nei suoi consigli di amministrazione, quando la legislazione francese impone la presenza del 40 % di donne! Recentemente l'azienda ha deciso di avviare una campagna digitale alla ricerca di idee per "discutere, guidare, convincere, promuovere e sviluppare l’industria al femminile". Le disparità sopra descritte si riflettono anche nella retribuzione. Dati raccolti in Austria, Francia, Germania, Portogallo e Spagna mostrano che le donne che lavorano nell'energia guadagnano quasi il 20% in meno rispetto agli uomini e sono licenziate con maggiore facilità. Anche in sede di selezione del personale occorre che si operi nella logica di una rinnovata imparzialità che fino ad oggi è mancata.

In sostanza nell’UE le donne rimangono penalizzate dal fatto che la società ancora conta, nella propria organizzazione e nella vita privata del loro apporto per l’espletamento di funzioni sociali e di assistenza basata su legami affettivi non professionalizzate (cura dei figli, di persone anziane o non autosufficienti, ecc.).

In taluni casi sono proprio le donne a mobilitarsi; in Spagna, ad esempio, 57 associazioni del settore dell’energia nel 2018 hanno pubblicato un manifesto dal titolo En Energia NO sin Mujeres (Nell’energia NO senza le donne) per sottolineare che è ormai giunto il momento che nella sfera pubblica operino anche delle esperte al fine di rendere la transizione energetica più sostenibile ed equa.

In Italia nel mercato del lavoro del settore energetico si osserva una presenza delle donne inferiore alla media europea. Secondo l’indagine sulla forza lavoro condotta da Eurostat, in Italia nel comparto dell’energia e delle utilities (sezioni D-energia elettrica e gas e E-acqua e rifiuti) sono occupate 73.500 donne, pari al 20,7% dell’occupazione del comparto, una quota inferiore di 3,8 punti al 24,5% medio dei 27 paesi dell’Unione europea.

Il problema del gender gap nel settore energetico, come in altri settori produttivi, ha però origine sin dalla scuola dove le bambine e le ragazze vengono per lo più ancora indirizzate verso percorsi di formazione non occupate dagli uomini. Tant'è che secondo il Parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) sul tema "Energia: le donne come soggetti di pari livello nel XXI secolo del 2020", l'UE ha chiesto agli Stati membri di sviluppare "Little Polytechnic Schools" per consentire, in particolare alle bambine, sin nella prima infanzia di familiarizzarsi anche con le discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). In Italia ci sono 277.201 donne laureate in ingegneria, pari al 26,6% dei laureati in questa disciplina (170.531 appartengono alla classe Architettura e Ingegneria Civile, 106.670 a quella dell’Ingegneria Industriale e dell’Informazione). Considerando l’intera popolazione italiana femminile laureata, la frazione in possesso di un titolo universitario in ingegneria rappresenta, al momento, circa il 7% del totale. Sebbene il dato sia ancora del tutto insoddisfacente è necessario evidenziare che l’Eurostat attesta che l’Italia si colloca al quarto posto in Europa per quota di laureate in ingegneria dopo Romania, Estonia e Bulgaria, molto al di sopra della media UE (Fonte: Rapporto annuale 2023 del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri).

Ma anche quando le donne riescono ad accedere nelle professioni tecniche si trovano di fronte altri ostacoli. I luoghi di lavoro in questo specifico settore, nella maggioranza dei casi, non sono stati costruiti con l’idea che un giorno ci avrebbero lavorato delle donne: si va, solo per fare due esempi, dalla mancanza di strumenti di protezione adattabili al corpo femminile all'assenza di spogliatoi a loro dedicati.

Come ha ribadito l'Unione Europea, è evidente che la trasformazione del sistema energetico non è una questione puramente tecnica, ma presenta anche degli aspetti profondamente sociali. A tale riguardo, occorre prestare particolare attenzione all’accesso all’energia per tutti.
Nell’UE vi sono ancora famiglie con problemi di accesso all’energia, dovuti alla loro posizione rispetto alle reti o alle loro condizioni di povertà e le donne che hanno la responsabilità di gestire le famiglie, sono le prime a risentirne e a dover spesso fare scelte difficili tra "mangiare o scaldarsi" (heat or eat). Le politiche energetiche finora si sono mostrate totalmente insensibili ai problemi della distribuzione delle responsabilità all’interno delle famiglie, motivo per cui la povertà energetica richiede di essere esaminata anche da una prospettiva di genere. La mancanza di accesso all’energia priva le donne anche dell’accesso al digitale, e ciò complica enormemente la loro vita e le isola dal mondo sociale, dal lavoro, dall’istruzione e dalla cultura. La mancanza di accesso all’energia si somma così al divario digitale, talvolta aggravato dal divario generazionale.

Il passaggio verso un’economia decarbonizzata modifica i metodi di produzione privilegiando enti più piccoli e filiere corte, e porta a riequilibrare la percentuale di energia prodotta con combustibili fossili o nucleari con una maggiore percentuale prodotta con energie da fonti rinnovabili. Fino a questo momento, le iniziative guidate dalle donne hanno riscontrato grande successo nel nuovo contesto energetico, specialmente per quanto riguarda le soluzioni energetiche sostenibili applicate in progetti locali comunitari. Secondo il nuovo report del Joint Research Centre della Commissione UE in collaborazione con il centro di esperti olandese sulla diversità nella transizione energetica 75inQ, dal titolo "Gender and Energy: The effects of the energy transition on women", servono maggiori sforzi su politiche di inclusione di giovani imprenditrici nel settore energetico e investimenti su raccolta e monitoraggio dati.

Concludendo, vi offriamo due riflessioni:

-  nel mondo del lavoro, degli affari, in politica e nella società nel suo complesso potremo raggiungere il nostro pieno potenziale solo utilizzando tutti i nostri talenti e la nostra diversità. La parità di genere non è solo un elemento essenziale di giustizia sociale, se praticata fa aumentare anche i posti di lavoro e la produttività: è quindi un potenziale che va utilizzato per procede celermente verso le transizioni verde e digitale e si fronteggiano le sfide demografiche;

- come scrive lo storico Jean-Baptiste Fressoz, non c'è mai stata transizione energetica, per cui la necessaria decarbonizzazione sarà molto più difficile di quanto si dica. Ci vorrà un cambiamento di civilizzazione. Il suo libro "Sans transition-Une nouvelle histoire de l’énergie" (pubblicato in Francia da Seuil) non è una critica allo sforzo di sviluppare le energie rinnovabili, né di mostrare che una transizione verso di esse sia impossibile. Vuole piuttosto dimostrare che la transizione com’è stata finora concepita serve da giustificazione alla rassegnazione climatica. Dagli anni 1980 ha accompagnato la procrastinazione generale ad agire, e continua a farlo. Le soluzioni sono sempre state pensate per prendere tempo e far prosperare l'attuale modello di sviluppo. Si è dovuto aspettare il 2022 perché l’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, promuovesse il concetto di sobrietà, ma la decrescita non è ancora contemplata da nessuno.

Una maggiore consapevolezza dei cambiamenti in corso sta crescendo nonostante una rassegnazione irresponsabile abbia cominciato a diffondersi. Di fatto le cose serie avanzano molto lentamente, ma le donne devono ancora entrare in gioco.

Per la Redazione - Serena Moriondo