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Immagine punti interrogativiLa revisione del PNRR proposta dal Governo italiano a Bruxelles è ancora in corso di valutazione: una ricerca di Openpolis fa il punto su quanti fondi possono essere persi da grandi città e sud a seguito delle modifiche.

Tra i vari punti della proposta, lo ricordiamo, quello più drastico riguarda l’intenzione del Governo di definanziare 9 investimenti, a cui erano destinati complessivamente 17 miliardi di risorse Piano – esclusi Fondo Complementare e altri – di cui 12,3 miliardi già assegnati a 42.786 progetti.

IN SINTESI

Innanzitutto è importante capire cosa prevedono le misure che l’esecutivo ha deciso di stralciare e dunque la natura dei 42.786 progetti che ne derivano. Ciò che emerge è l’elevato numero di progetti già ammessi a finanziamento, relativi a 6 dei 9 investimenti oggetto di revisione. In particolare, una sola misura comprende la quasi totalità degli interventi (91%). Si tratta di quella per la resilienza, la valorizzazione e l’efficienza energetica dei comuni. Prevede lavori di messa in sicurezza del territorio, di miglioramento dell’illuminazione pubblica e di efficientamento energetico degli edifici.

Al 13 giugno 2023 – data dell’ultimo aggiornamento di Italia domani – tale investimento risultava aver assegnato risorse a ben 38.776 progetti. Seguono 2.297 interventi per la rigenerazione urbana, cioè per il miglioramento del contesto sociale e ambientale delle aree urbane. Sono invece previsti 803 progetti per migliorare i servizi di istruzione, salute e mobilità nelle aree interne; 614 per la riqualificazione delle periferie e 254 per valorizzare beni confiscati alle mafie. Infine, 42 interventi per la creazione di aree verdi nelle città metropolitane.

Nel documento prodotto dal Centro studi di Camera e Senato si legge che verranno dirottate sul RepowerEu, ma in modalità diverse. Per 2 misure – utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate e tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano – viene proposto un definanziamento solo parziale. Per le altre 7 invece, l’idea è di rimuovere la totalità del finanziamento PNRR. Tuttavia, mentre in alcuni casi tali cifre saranno dirottate su altre misure con simili obiettivi e ambiti di intervento, in altri non viene esplicitato, lasciando il dubbio su come verranno reinvestite tali somme. Va sottolineato, infine, che tutti e 9 gli investimenti in questione riguardano solo due macro temi: la transizione ecologica, in particolare energetica, e l’inclusione sociale. Due settori cruciali, che di pari passo possono contribuire allo sviluppo sostenibile del paese e al miglioramento della vita delle persone. In questo caso specialmente di chi vive nelle aree urbane.

 Le potenziali perdite colpirebbero in modo più incisivo le grandi città: Roma (229,5 milioni di euro), Milano (168,7), Genova (146,6) e Napoli (142,1) ma sarebbe il Sud a subire i maggiori tagli. Osservando i singoli progetti, i più costosi sono inclusi nell’investimento per i Piani urbani integrati. Tra questi, per fare qualche esempio, la realizzazione di un “ecoquartiere” nel comune di Napoli. E di 63 poli di sport accessibili a persone con disabilità, in altrettanti comuni della città metropolitana di Roma. Altri interventi invece prevedono l’efficientamento energetico di edifici agricoli nelle colline fuori Firenze o ancora la riqualificazione di aree verdi a Bari. Tutti progetti che hanno già vinto un bando, hanno passato una selezione e si sono visti riconoscere determinate risorse e che, in alcuni casi, avevano già previsto l’apertura dei cantieri e l’inizio dei lavori.

L’esito di un bando pubblico - spiegano da Openpolis - ha valenza legale e obbliga il finanziatore a erogare le risorse ai soggetti aggiudicatari. Tuttavia sono previste alcune eccezioni. Il quadro normativo in questo senso è composito e si basa su diverse sentenze del Consiglio di Stato e della magistratura. Sintetizzando, la pubblica amministrazione può ritirare l’aggiudicazione di progetti, a patto che dimostri la presenza di motivi di interesse pubblico o gravi difficoltà finanziarie. Dunque se la Commissione europea approvasse le modifiche richieste, le 9 misure verrebbero stralciate dal PNRR e con esse i relativi progetti. I quali potrebbero anche non essere mai realizzati, nel caso in cui il Governo italiano non riuscisse a trovare altre fonti di finanziamento. (Vd. Scheda Scheda_i_9_investimenti_PNRR_senza_finanziamenti.pdf)

Viene dunque da chiedersi perché l’Esecutivo abbia chiesto una soluzione così drastica proprio per queste misure. Ufficialmente, le problematiche che lo stesso dipartimento per le politiche europee descrive sono tre:

  • molti interventi relativi alle 9 misure sono progetti in essere, cioè ideati prima dell’avvio del Pnrr. Questo significa che spesso non rispettano i criteri richiesti a livello europeo, in particolare il principio di non arrecare danno ambientale;
  • gli investimenti in questione prevedono una distribuzione capillare delle risorse tra numerosi territori e quindi un ruolo centrale dei comuni come soggetti attuatori. Questo complica il loro avanzamento, a causa delle carenze amministrative e delle difficoltà burocratiche, che colpiscono soprattutto i comuni più piccoli;
  • alcuni investimenti hanno accumulato ritardi, sia per il motivo di cui sopra, sia a causa della crisi energetica e dell’aumento dei costi delle materie prime.

Sono tutte criticità note, che riguardano la struttura del PNRR fin dal suo avvio che sono stati evidenziati da vari soggetti istituzionali (Anci), sindacali e da parte di numerose associazioni, sottolineando la necessità di trovare soluzioni efficaci.

Tuttavia non è chiaro perché il Governo abbia optato per l’eliminazione drastica di tali investimenti, invece di intervenire con dei correttivi. O di avvalersi dei poteri sostitutivi, previsti dalla governance del Piano proprio per compensare i ritardi delle piccole amministrazioni. Così come non è chiaro perché i tagli proposti si siano concentrati proprio nell’ambito sociale e ambientale. Sono infatti molti gli investimenti anche in altri settori, che condividono gli stessi problemi individuati dal Governo, dalla frammentazione ai ritardi fino al mancato rispetto dei criteri europei.

Per la Redazione - Serena Moriondo