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© Marco Merlini / Cgil\rRoma, 1 giugno 2019\rPiazza San Giovanni\rManifestazione nazionale ”Dateci retta" indetta da Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil\rNella foto  Ivan Pedretti"La tragedia della Rsa di Milano ci lascia sconvolti”. Ivan Pedretti - Segretario generale dello Spi-Cgil,  il sindacato dei pensionati della Cgil - commenta così le notizie che arrivano dal capoluogo lombardo, dove un incendio scoppiato nella notte tra giovedì e venerdì, è costato la vita a sei persone provocando altri 81 feriti nella Residenza per anziani “Casa dei Coniugi”. 

Siamo vicini alle famiglie delle vittime, a chi sta lottando per la vita, ai feriti, a lavoratori e ospiti, donne e uomini, coinvolti nel rogo. Sarà la magistratura ad accertare eventuali responsabilità ma non possiamo dimenticare che nelle residenze per anziani troppo spesso la sicurezza è drammaticamente carente. – prosegue il sindacalista dello Spi-Cgil -. Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle durante il periodo della pandemia: le strutture dove risiedono persone già fragili risultano frequentemente inadeguate a garantire loro diritti e benessere, a volte persino la sopravvivenza.  Morire così come sono morti Nadia, Laura, Mikhail, Anna, Loredana e Paola la scorsa notte è inaccettabile”. 

Il tema della cura delle persone anziane, in un Paese che invecchia come il nostro, - conclude - è cruciale e ormai da tempo chiediamo che la legge sulla non autosufficienza riceva finanziamenti che consentano di renderla effettiva e attuata. Il sistema va ripensato mettendo al centro i diritti delle persone, bisogna pensare a una riforma delle case di riposo e delle Rsa di cui è comunque necessario anche un censimento perché spesso è proprio nell’assenza di conoscenza che si annidano le insidie peggiori”. (Fonte: COLLETTIVA.IT)

In Italia vi sono per lo meno 2,7 milioni di persone anziane che vivono con gravi perdite dell’autonomia, sono in prevalenza donne (37% vs 20% maschi). Ma sulla scena della non autosufficienza ci sono ben sei milioni di persone e familiari (nel rapporto di circa tre assistiti per altrettanti familiari, in massima prevalenza donne) in difficoltà quotidiana per questa condizione e non meno di 1,5 milioni di operatori (istituzionali o informali) ingaggiati nell’assistenza.

Globalmente, il 30% vive a casa, che per lo più è di proprietà, ma non sempre adeguata alle limitazioni fisiche e psichiche. Queste persone vivono spesso da sole, con insufficienti ed incompleti servizi domiciliari e semi-residenziali. Sono forti le disuguaglianze di offerta territoriali, anche rispetto ai servizi residenziali, in cui vanno superati i fenomeni di istituzionalizzazione. Le prestazioni offerte dall’attuale sistema di welfare sono frammentate, spesso distanti dai bisogni. Il lavoro di cura delle famiglie, anche attraverso le “badanti” ed altri care giver informali, non riceve appropriata attenzione e sostegno dal sistema pubblico.  I meccanismi di integrazione tra servizi e Istituzioni, le modalità di finanziamento degli interventi non assicurano efficacia ed efficienza, oltre che equità.

Vi sono poi gli ospiti inseriti nelle RSA (Residenze sanitarie assistite), come quella che ha preso fuoco a Milano. L' età media delle persone anziane che accede a queste strutture è in aumento (si è passati dagli 84,7 anni del 2013 agli 85,9 del 2019), come aumenta il numero degli ospiti che hanno bisogno di assistenza per alimentarsi (dal 28,15% del 2016 al 34,07% nel 2019) ma non va di pari passo l'incremento del numero degli operatori. Secondo recenti analisi, l'Italia conta solo 19 posti letto ogni 1000 abitanti: una cifra di gran lunga inferiore alla media dei Paesi Ocse (47 ogni mille). Servirebbero dunque almeno 496mila posti letto nelle RSA mentre ce ne sono solo 240mila (Fonte: Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Lea). 

Ma non basta. Rette insostenibili per i pazienti, lunghe liste d’attesa, personale non inquadrato adeguatamente, carte dei Servizi ancora poco trasparenti. Queste sono solo alcune delle criticità emerse dall’"indagine nazionale sulle Rsa dell’Auser". 

Ricordiamo che il  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede la realizzazione di una riforma che introduca “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti” (Missione 5 - per la non autosufficienza sono previsti circa 7,5 miliardi di euro, 5 dei quali destinati alla riforma della domiciliarità nel periodo 2022-2026). 

Per contribuire a soddisfare questa esigenza, oltre 40 soggetti della società civile coinvolte nell’assistenza agli anziani non autosufficienti o che rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, società scientifiche ed ordini professionali, soggetti che offrono servizi, il 1° marzo 2022 hanno presentato un documento contentenete "Proposte per l'introudzione di un Sistema Nazionale di Assistenza Anziani", tra questi anche lo SPI-Cgil. La pluralità dei soggetti coinvolti ha consentito di realizzare una proposta che prende in considerazione in modo unitario la pluralità dei temi da affrontare con urgenza e in modo particolare sostiene la necessità di dare:

a) priorità allo sviluppo dei servizi domiciliari;
b) superare il paradigma del cure clinico-sanitario ed assumere quello più proprio per la non autosufficienza del care multidimensionale;
c)  costruire progetti personalizzati che partano da uno sguardo globale sulla condizione dell’anziano, sui suoi molteplici fattori di fragilità, sul suo contesto di vita e di relazioni, organizzando le risposte di conseguenza;
d) allargare lo sguardo e riconoscere le esigenze delle reti informali di supporto, e quindi la presenza di professionisti che siano un punto di riferimento certo nel tempo per i soggetti coinvolti, e di sostegno per caregiver familiari e badanti;
e) rimediare alla palese inadeguatezza degli attuali modelli di intervento per le persone con demenza o Parkinson.
 
Oltre che:
a) assicurare spazi di vita adeguati (offrendo uno spazio di vita personale tale da garantire dignità e privacy);
b) favorire le relazioni con i familiari, parte integrante ed essenziale della quotidianità degli anziani residenti (favorendo maggiore presenza nella struttura e la comunicazione anche nei momenti in cui si trovano all’esterno);
c) conciliare sicurezza e libertà di movimento (costruendo spazi di vita sicuri ed evitando sempre la contenzione fisica);
d) adeguare le dimensioni delle residenze (intervenendo su quelle di dimensioni eccessivamente grandi o piccole);
e) accrescere le relazioni con il territorio (potenziando le relazioni tra la struttura e la comunità locale e promuovendo per la residenza il ruolo di nodo della rete sociosanitaria ad alta frequentazione dei cittadini, anziché di meta terminale).
 
Per la Redazione - Serena Moriondo