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foto bianchi miur scuola lapresse 2022di Serena Moriondo

Con l’approvazione in terza lettura da parte della Camera dei deputati (387 voti favorevoli, 6 astenuti e nessun contrario), diviene legge la riforma degli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Si tratta - secondo il ministro all'Istruzione, Patrizio Bianchi - "di uno dei punti qualificanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)".  Per la quale, all'interno degli interventi previsti per l'istruzione, il Piano destina ben 1,5 miliardi di euro in cinque anni.

Anche la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome giudica positivamente la riforma che creerebbe, secondo loro,  "le condizioni per praticare un effettivo incrocio della domanda e dell’offerta del lavoro basato sulla qualità, nell’ottica di una buona strategia per realizzare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro in un mercato che è in continua evoluzione e richiede figure professionali, in particolare i giovani, sempre più specializzate".

CARATTERISTICHE PRINCIPALI 

Gli ITS acquisiscono il nome di Istituti tecnologici superiori o ITS Academy  (Accademie per l’istruzione tecnica superiore, la scelta allude alle Academy aziendali che si sono diffuse in questi anni) ed entrano a fare parte del sistema di formazione professionale terziaria post diploma. Con le norme approvate oggi gli ITS, dopo 11 anni, cessano di essere una sperimentazione su base locale, diventando un sistema nazionale.Gli ITS Academy sono percorsi di specializzazione tecnica di 2 anni, quindi biennali, in alcuni casi triennali, che a differenza dell’università sono co-progettati con le realtà aziendali del territorio in cui si sviluppano. Per dare vita a un nuovo ITS in una provincia sono necessari: almeno una scuola secondaria di secondo grado della stessa provincia, con un’offerta formativa attinente; una struttura formativa accreditata dalla Regione, situata anche in una provincia diversa da quella sede della fondazione; una o più imprese legate all’uso delle tecnologie di cui si occuperà l’ITS Academy; un ateneo o un’istituzione dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) o un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico o un Ente di ricerca. Le istituzioni AFAM vengono equiparate alle università e non sarà più obbligatoria la presenza degli Enti locali. I requisiti e gli standard minimi per l’accreditamento delle nuove realtà saranno definiti con decreto del Ministro. 

Foto its kVGI U3360192215462UM 656x492Corriere Web SezioniAi nuovi ITS è affidato il compito di potenziare e ampliare la formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze tecnologiche e tecnico-professionali (transizione ecologica, compresi i trasporti, la mobilità e la logistica; transizione digitale; le nuove tecnologie per il made in Italy, compreso l’alto artigianato artistico; le nuove tecnologie della vita; i servizi alle imprese e agli enti senza fine di lucro; le tecnologie per i beni e le attività artistiche e culturali e per il turismo; le tecnologie dell’informazione, della comunicazione e dei dati; l’edilizia).

Il fine è quello di sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo del Paese. Queste istituzioni avranno, inoltre, il compito di sostenere la diffusione della cultura scientifica e tecnologica. Gli ITS, da non confondere con gli Itis cioè con i normali istituti tecnici, sono dei percorsi di formazione professionale post-diploma di Maturità alternativi alla Laurea vera e propria, incentrati su un sistema misto di lezioni in aula ma soprattutto stage in azienda. Come spiegato da Marina Brambilla, pro-rettrice ai servizi per la didattica dell’Università Statale di Milano, nonostante i buoni dati l’Italia è penultima in Europa per numero di iscritti a corsi di formazione terziaria universitaria. A oggi sono circa 11mila gli studenti iscritti in Italia a un corso ITS (aprile 2022). Tuttavia in Svizzera sono 40mila, in Francia 600mila e in Germania 900mila.

La legge non esprime una opzione netta fra i principali modelli europei di formazione terziaria non universitaria: quello francese, centralizzato e statale; quello tedesco, basato su un modello duale e con una forte condivisione fra sistema educativo e sistema produttivo; quello spagnolo, che sancisce la doppia titolarità, quella dello Stato – che fissa gli obiettivi formativi, i risultati attesi e i criteri di valutazione, il Catalogo nazionale delle competenze – e quella delle 19 Comunità autonome corrispondenti alle nostre Regioni – che si occupano di organizzare e realizzare i percorsi formativi completando gli standard curriculari minimi, oltre che selezionare gli insegnanti e di- sporre delle risorse umane e materiali.

Per la costituzione degli Istituti si conferma il modello della Fondazione di partecipazione, quale “standard organizzativo nazionale della struttura”. I soggetti fondatori dovranno “possedere una documentata esperienza nel campo dell’innovazione”, acquisita soprattutto con la partecipazione a progetti nazionali e internazionali di formazione, ricerca e sviluppo.

A cambiare, però, oltre il nome, sarà soprattutto la governance di queste fondazioni di cui per legge faranno parte almeno un istituto tecnico e una struttura di formazione regionale, una università o un’accademia, e una o più aziende, ma il cui baricentro ora più che mai si sposta dal lato delle imprese che partecipano anche economicamente al progetto e quindi lo Stato ha riconosciuto loro il diritto ad esprimere il Presidente della fondazione stessa. La riforma evidenzia come tutti i soggetti fondatori dovranno contribuire al patrimonio degli Istituti, anche attraverso risorse strutturali e strumentali. Faranno parte del patrimonio anche i “beni mobili e immobili che pervengono a qualsiasi titolo alla fondazione”, le “elargizioni disposte da enti o da privati con espressa destinazione” in favore del suo incremento e i “contributi attribuiti al patrimonio dall’Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali e da altri enti pubblici”.

Il percorso degli ITS Accademy sarà completamente diverso da quello delle Università in quanto incentrato soprattutto sulla pratica, con rispettivamente 1.800 e 3.000 ore di tirocinio. Anche gli insegnanti saranno prevalentemente espressione del mondo dell’impresa (minimo 60% dell’orario complessivo).  Oltre al Presidente-imprenditore, gli altri organi previsti dalla riforma sono il consiglio di amministrazione – in cui siedono sia il presidente che il direttore didattico – l’assemblea dei partecipanti, il comitato tecnico scientifico e il revisore dei conti. I poteri di controllo sono affidati alle Prefetture. E' previsto un credito d’imposta al 30% per le imprese che decidono di investire negli ITS. Il credito sale al 60% se l’erogazione avviene nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale.  

PRO E CONTRO LA RIFORMA

Avete compreso bene, gli ITS saranno dunque gestiti dalle aziende con notevoli agevolazioni per le imprese che parteciperanno. Non stupisce, quindi, che questa riforma abbia ottenuto il plauso di Confindustria ma non dei Sindacati.

Mentre Confindustria ha sostenuto che la riforma è una svolta storica per il Paese e che questo è stato possibilche grazie al fatto che "Confindustria ha dialogato a stretto contatto con Parlamento, Governo e Regioni" per  "rendere strutturale un modello formativo dove le imprese partecipano attivamente alla governanve e alla didattica",  CGIL e FLC CGIL considerano la riforma "deludente che consegna un importante pezzo del sistema di formazione nelle mani dei privati" che, aggiungono, "Il provvedimento approvato fa chiaramente riferimento a un modello che si è sviluppato in questi anni in alcuni territori, dove gli Its sono stati inquadrati come mera struttura formativa al servizio di specifiche aziende e di determinate realtà produttive forti. Siamo ben lontani dall’idea di percorsi formativi strutturalmente coerenti con le politiche di sviluppo tecnologico del Paese". Gli ITS che hanno raggiunto risultati importanti in Italia sono collocati soprattutto in Lombardia.

Inoltre,- sottolineano i Sindacati - giudichiamo negativo il fatto che si preveda che tutto il personale docente, tecnico amministrativo e di laboratorio sia assunto con contratti di prestazione d’opera. È davvero difficile ipotizzare il consolidamento di questo sistema terziario senza prevedere per lo meno la stabilità del personale tecnico e amministrativo come da noi richiesto. C'è così il rischio che le cospicue risorse del Pnrr, 1,5 mld fino al 2026, si trasformino in ulteriori incentivi alle imprese, e non in un'opportunità di crescita formativa e culturale delle ragazze e dei ragazzi”. Al ministro Bianchi i Sindacati chiedono di aprire" subito un confronto con le parti sociali per migliorare nella fase attuativa le criticità di una riforma importante, ma partita con il piede sbagliato”.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

- Una Fondazione di diritto privato si assume l’impegno di gestire una istituzione pubblica, ossia un sistema formativo pubblico.
- Gli ITS potrebbero positivamente rappresentare maggiori opportunità per i giovani che trovino più confacente per le loro attitudini un percorso terziario più “pratico” e un contributo a coprire il mismatch fra i ruoli qualificati che le imprese cercano e quelli realmente disponibili. Ma per quanto successo possa avere l’espansione degli ITS, essi non potranno, da soli, risolvere il problema di limitare i processi di esclusione, drop out, NEET fortemente presenti nel nostro Paese che sono alla base di processi di impoverimento e forti disuguaglianze.
- Questi canali formativi sono regolati da soggetti diversi (Regioni, Ministero dell’istruzione, aziende) e il disegno di legge non ne riconfigura i confini, questo punto, insieme alla forte deregolamentazione istituzionale o, se preferite, regionalismo differenziato avanzato che si sta affermando non aiuterà la realizzazione di un sistema unitario.
- Infine, la riforma non sottolinea il fatto che gli ITS dovrebbero tendere a favorire anche la crescita personale, la creatività, la socialità, la formazione democratica, denotando un chiaro limite culturale.
 
Per concludere, c'è da domandarsi come sia possibile che, nessun parlamentare, abbia avuto il coraggio di esprimere un dissenso verso scelte ben distanti da quella indispensabile interazione tra scuola, territorio e comunità educante (lontana dalla subalternità, innazitutto culturale, dimostrata) che dovrebbe invece caratterizzare l'azione del Governo e, nello specifico, del ministro dell'Istruzione pubblica.