Il Women20, il Gruppo di lavoro della società civile che accompagna dal 2016 il summit del G20, si è concluso la scorsa settimana, dopo tre giorni di dibatti con una serie di proposte che sono state consegnate alla Presidenza italiana.
Il comunicato finale si potrebbe riassumere in una frase pronunciata da Linda Laura Sabbadini, Chair del W20: "Non vogliamo più sentir parlare di inclusione quando si parla di strategie di genere. Le donne sono la metà del mondo e non sono una minoranza, noi siamo già incluse. Quando parlate di parità di genere dovete far riferimento all'empowerment delle donne che è potere ma non solo, è essere messe in condizione di contare, di diventare protagoniste, di governare. Le donne non vogliono elemosina, vogliono più accesso al credito, più formazione e più possibilità di contare, più valore al merito, più lavoro e più di qualità, più infrastrutture sociali e meno carico di lavoro familiare, più rispetto e meno violenza, più potere".
All'istruzione è stata dedicata una parte importante del lavoro del Women20. A causa della pandemia, ha spiegato Save the Children, una delle associazioni intervenute, 11 milioni di ragazze rischiano di non tornare mai più a scuola, con impatti potenzialmente devastanti sulla loro salute, sulla loro sicurezza e sul loro benessere. Una battuta d'arresto che aggrava una situazione già problematica, basti pensare che solo in Italia alla fine del 2020 più di 1 ragazza su 4, tra i 15 e i 29 anni, era intrappolata nel limbo dei Neet, cioè coloro che non studiano e non lavorano.
Il summit si è anche concentrato sull’obiettivo di ridurre il divario occupazionale di genere del 25% entro il 2025. Quindi il lavoro prima di tutto, ma lavoro di qualità e niente più Gender Pay Gap. E, soprattutto, basta con il lavoro precario e sì alla condivisione del lavoro di cura, alla conciliazione dei tempi di vita. Ma molti altri temi sono stati discussi, tra cui la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne.
Come ben sappiamo le statistiche internazionali non lasciano spazio ad ambiguità, per questo non vogliamo riproporre i “soliti” dati ma, nel quadro complessivo illustrato durante il vertice, è alquanto evidente l’arretratezza del nostro Paese, insieme a molti altri nel mondo.
Il tema del cambiamento culturale sulla parità di genere rimane, dunque, l’aspetto centrale per tutti.
In questo senso il nodo della formazione delle scuole in termini di role modelling è fondamentale. Per questo insieme alla professoressa Fabiana Giacomotti è stato lanciato un progetto che si chiama “Cento donne che mancano nei libri di scuola” per identificare 100 modelli femminili che possano essere d’ispirazione per bambine e bambini, con una raccomandazione ad aggiornare tutti i libri di testo dall’infanzia alle scuole superiori per dimostrare che non esistono né ruoli femminili né tantomeno maschili.
Nella raccomandazione finale è stato inserito, per la prima volta nella storia, il tema della sostenibilità ambientale, che indaga le connessioni tra ambiente e questioni di genere. Gli esperti la chiamano violet economy perché fonde idealmente cioè che è green con il tema della parità di genere.
Le infrastrutture sociali devono avere la stessa importanza di quelle economiche, dai servizi educativi per l’infanzia ai servizi di cura per le persone non autosufficienti e per tutte le persone che ne hanno bisogno. Il lavoro di cura non retribuito deve essere redistribuito nella coppia, tramite i congedi di paternità e altre facilitazioni, e deve essere redistribuito nella società tramite i servizi. Bisogna una volta per tutte investire nell’economia della cura.
Per abbattere il divario di genere entro il 2025 è poi necessario misurarlo e saperlo misurare. Purtroppo, per come lo si misura ora, ad esempio per il tema del lavoro, non si tiene in considerazione la disoccupazione maschile e questo è importante perché se vediamo un miglioramento dobbiamo sapere se dipende da un’effettiva crescita di occupazione delle donne o solo dall’aumento di disoccupazione degli uomini. Solo così si capirà se ci sono stati miglioramenti sostanziali. Per abbattere il divario di genere dobbiamo creare occupazione femminile di qualità e per farlo abbiamo bisogno di dati disaggregati per genere, che ci dicano come stanno le donne nel lavoro. Ogni misura politica varata dovrebbe avere una misurazione dell’impatto di genere. Occorrerebbero cioè delle proiezioni che dicano che impatto potrebbe avere ciascuna misura sulle donne e sugli uomini e poi, alla luce dei dati, operare dei correttivi prima che la legge entri in vigore.
Nel documento finale, il W20 ha chiesto ai Governi una road map sull'uguaglianza di genere entro il 2030 che non sia solo sul lavoro ma sia estesa a salute, stereotipi di genere, imprese a conduzione femminile, digitale, violenza contro le donne, sostenibilità ambientale.
I cinque punti chiave:
- modelli economici inclusivi e innovativi;
- garantire la parità di rappresentanza delle donne a tutti i livelli del processo decisionale pubblico e privato, nazionale e negli organismi globali, politici ed economici entro il 2030;
- analizzare lo stato di avanzamento delle politiche utilizzando criteri sensibili al genere e dati disaggregati;
- sviluppare valutazioni dell'impatto di genere delle politiche che vengono adottate;
- promuovere l'istruzione investendo in infrastrutture per garantire che donne e ragazze abbiano accesso all'istruzione prescolastica e terziaria, compresa l'istruzione precoce e i programmi Steam.
L’unione delle donne deve essere ottenuta al di là delle differenze. Ma le differenze tra donne esistono. E l’unità deve servire anche per migliorare le condizioni di quelle che stanno peggio, che sono più vulnerabili, più sfruttate, più private di diritti e multidiscriminate. Sorellanza, è stato ricordato nel summit, è sinonimo di solidarietà. Significa essere in grado di creare una rete di sostegno per un reale cambiamento. Lo dichiarava la scrittrice americana Kate Millett negli anni 70, ed è attuale ancora oggi.
In sostanza, l’uguaglianza di genere deve essere messa al centro delle politiche di ogni Paese, è il punto focale della vera ripresa, economica e culturale, la diversity arricchisce le politiche. Questo il messaggio del W20.
Nel concludere una chiosa sulla partecipazione al W20: sono intervenute circa novanta persone, donne e uomini, provenienti dall’Italia e dall’estero, rappresentanti istituzionali, dell’ILO, della FAO, del CNR, del CERN, dell’ESA, dell’ONU, docenti universitari, scienziati, carabinieri, esponenti dell’associazionismo, delle camere di commercio, del mondo imprenditoriale, della finanza e del credito, delle fondazioni, del giornalismo, …ma nessuna/nessun sindacalista. Non è certo un bel segnale per il mondo del lavoro.
Per la Redazione - Serena Moriondo
L'immagine della homepage raffigura il flashmob eseguito nel novembre 2019 in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Santiago del Cile, dal collettivo femminista cileno Las Tesis