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Disegno antica rffigurazione dellinferno di Dante di Serena Moriondo

Mentre i ministri delle Finanze del G20 si impegnano a realizzare una “global minimum tax” del 15%, che rappresenta una sfida ai paradisi fiscali e alle pratiche di elusione fiscale dei profitti molto importante, in Italia -  dove la ricchezza è sempre più concentrata e sperequata - il documento approvato dalle Commissioni parlamentari sulla riforma fiscale merita qualche riflessione. Fosse anche solo perchè, è attraverso le risorse strutturali (e non quelle straordinarie del Next Generation  europeo), che il Paese dovrà presto fare i conti.

Basta leggere i commenti di autorevoli esperti come Vieri Ciriani già sottosegretario all’economia e attualmente amministratore delegato di SOSE e Vincenzo Visco, anch’egli economista e già ministro del tesoro e ancor prima delle finanze, per capire che le Commissioni parlamentari non solo non hanno saputo cavare un ragno dal buco ma, se possibile, hanno dato prova del peggio di sé.

Dopo circa 60 audizioni e 6 mesi di lavoro le Commissioni Finanze di Camera e Senato hanno prodotto un Documento conclusivo a esito dell’”Indagine conoscitiva sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario”, finalizzati ad una legge delega sulla riforma fiscale che il Governo si è impegnato a presentare entro fine mese.

Il Documento costituisce una sommatoria di interventi eterogenei inadatto a configurare l’auspicata riforma organica e strutturale del fisco, prefigura sgravi ingenti senza copertura finanziaria, trascura sistematicamente la questione dell’equità orizzontale, sconta un obiettivo di sviluppo tradizionale senza riferimenti all’obiettivo della sostenibilità e affida interamente l’obiettivo della crescita alla riduzione delle imposte. In sostanza, scrive Ciriani, nella sua minuziosa analisi pubblicata dal Forum Disuguaglianze Diversità, il documento piuttosto di essere un avanzamento condiviso e consapevole verso un sistema più organico e strutturato appare come il frutto di un compromesso tra le varie richieste di intervento avanzate dalle diverse parti politiche, una sommatoria piuttosto disorganica di interventi eterogenei. Il testo si prefigge due missioni strategiche: stimolare l’incremento del tasso di crescita potenziale; rendere il sistema fiscale più semplice e certo. Nella prima missione, colpiscono sia l’assenza di riferimenti alla crescita sostenibile limitandosi ad una evocazione del Green New Deal e del Next Generation EU, sia la disattenzione all’obiettivo di ridurre le disuguaglianze di reddito e di ricchezza. In sostanza, le proposte non solo non sono particolarmente innovative ma, anzi, prevale un buon grado di conservatorismo.

Dello stesso parere Visco, che sostiene si tratti essenzialmente di un testo con una forte propensione anti-tasse e in cui le imposte vengono viste sempre come eccessive e distorsive; pieno di incongruenze logiche e contraddizioni, in cui si propongono riduzioni di aliquote e abolizioni di imposte soprattutto a favore della finanza e delle imprese, in cui si sostiene l’impegno degli strumenti digitali per il contrasto all’evasione, ma al tempo stesso si sostiene che i poteri dell’amministrazione finanziaria vadano ridotti, che il redditometro va abolito, e così il reverse charge e tutti gli strumenti di indagine e accertamento induttivo.

Si propone l’adozione della dual income tax, facendo finta di non sapere che essa fu introdotta nel 1996, ma che non ha funzionato, proponendo di mantenere con vari artifizi le aliquote di fatto attuali. Si indica correttamente la necessità di intervenire sulle spese fiscali, ma si propone di trasformarle in spese dirette, e non di ridurle. E soprattutto si mantiene la tassazione forfettaria per la grande maggioranza dei lavoratori autonomi, che anzi viene rafforzata, ribadendo una discriminazione della tassazione personale in base alle categorie professionali, con una particolare discriminazione nei confronti dei pensionati a basso reddito, senza considerare peraltro che un sistema di dual income tax è logicamente incompatibile col forfait. Si introducono ulteriori discriminazioni a favore di singole categorie di contribuenti. Si propone anche di fornire incentivi ai contribuenti “onesti”, quasi che il rispetto delle leggi fosse materia di incentivazione. In sostanza, al dunque, si propone di mantenere le cose più o meno come stanno, e anzi di peggiorarle un po’.

Dante li avrebbe collocati nella “matta bestialità” (Virgilio, Canto XI, vv.76-90), nella parte più profonda e buia dell’inferno. Il perché è evidente. In questa suddivisione il discriminante fondamentale tra virtù e vizio è la ragione: come insegna Aristotele, la ragione, massima facoltà umana, permette di riconoscere e perseguire il “giusto mezzo”, principio di virtù, evitando ogni comportamento eccessivo. Ed è esattamente di questo che potrebbero essere incolpati: di superbia, un desiderio irrefrenabile di superiorità, fino al disprezzo di leggi e di giustizia sociale.

Link: doc_finale_riforma_tributaria_30_06_2021.pdf

Link: Nota_di_commento_al_Documento_delle_Commissioni_parlamentari_sulla_Riforma_Fiscale_15072021.pdf

Nell'immagine un'antica raffigurazione dell'inferno di Dante Alighieri