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disegno housing socialeIl Comitato Nazionale per l’Housing Sociale - un soggetto aggregatore che si impegna a porre le basi per una nuova politica abitativa e di rigenerazione urbana - nasce dalla collaborazione tra alcuni dei più importanti soggetti che operano nell’ambito dell’housing sociale in Italia, tra cui Federcasa, Legacoop Abitanti, Confcooperative Habitat, AGCI Abitanti, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Housing Sociale, Fondazione Sviluppo e Crescita CRT.

Il Comitato ha organizzato quest’autunno una serie d’incontri con esperti del settore delle costruzioni e rappresentanti istituzionali, affrontando una serie di temi quali "Il partenariato Pubblico e Privato," per affrontare le criticità e le opportunità proprie di questo strumento e aprire un fronte di collaborazione utile a renderlo operativo nel più breve tempo possibile considerato fondamentale -  dal settore privato - nello sviluppo di progetti di rigenerazione e di nuova produzione di edilizia residenziale sociale.

Altri temi in discussione hanno riguardato: "Territori inclusivi e abitare giovanile in Italia" dove sono state messe a confronto alcune esperienze di rigenerazione urbana e costruzione di comunità e la presentazione degli esiti del questionario “Immaginiamo insieme la casa del futuro” realizzato tra gli abitanti dei progetti di housing sociale realizzati dagli aderenti al Comitato, ponendo l’attenzione in particolare su tre nuclei tematici: arte e cultura, verde e benessere e servizi. I webinar sono stati promossi nel contesto dell'iniziativa New European Bauhaus, lanciata dalla Commissione Europea con l’obiettivo di ridisegnare i luoghi in cui viviamo per un futuro bello, sostenibile ed inclusivo di cui vi avevamo parlato nell’articolo “Bello, bello, bello” pubblicato l’11 luglio nel sito dell’Associazione Nuove Ri-Generazioni..

Vi proponiamo alcune considerazioni sulle “Le linee di indirizzo sul partenariato” pubblicate dal Comitato e, al termine di questo articolo, la pubblicazione delle slide riassuntive degli esiti del questionario.

Vi sono molte cose positive e condivisibili all'interno del documento prodotto dal Comitato, come il fatto che i progetti PPP finora realizzati, che sono stati capaci di avere un impatto positivo, sono stati il frutto di una progettazione integrata, articolata su più livelli, capace di fornire risposte in termini di spazio urbano e residenziale e di nuovi modelli abitativi con una particolare attenzione a promuovere rigenerazione senza gentrificazione, rispondendo così alla necessità della rigenerazione degli spazi, di cura dei beni comuni e di attivazione di pratiche di sostenibilità ambientale.

Anche alcune proposte sono meritevoli di attenzione come la necessità:

  • di ragionare sulla scala del quartiere e promuovere un forte mix funzionale, cioè sviluppare insieme alla residenza anche un’offerta di servizi a partire dai bisogni del territorio;
  • di vedere l’housing sociale come modello per rispondere a un bisogno abitativo e contemporaneamente offrire ai residenti luoghi di incontro e di progettualità;
  • di affrontare il problema della scarsità delle aree accessibili per l’edilizia sociale, fenomeno particolarmente allarmante e diffuso nelle grandi città, con la creazione di Land e Building Bank, cioè un istituto di raccolta di aree e immobili a prezzi calmierati da mettere a disposizione esclusivamente per progetti con fini di interesse pubblico e sociale.

Decisamente diversa è la considerazione per quanto riguarda il giudizio molto severo che si legge là dove si sostiene che, in Italia, il partenariato non è sufficientemente diffuso perchè non abbiamo strumenti normativi che agevolino il coordinamento delle iniziative miste e che l’Italia sta attraversando un periodo di forte debolezza nei processi decisionali.

Tra le principali tipologie di procedure afferenti al PPP, regolate da norme nazionali e comunitarie, come sappiamo ci sono: finanza di progetto, concessione di costruzione e gestione, concessione di servizi, locazione finanziaria di opere pubbliche. Quindi, in estrema sintesi, le norme ci sono ma, da un punto di vista economico-finanziario, la fattibilità delle realizzazioni in PPP dipende dall’esistenza di un punto di equilibrio fra pubblico e privato. A differenza delle forme tradizionali per la realizzazione delle opere pubbliche il PPP richiede all’Amministrazione una maggiore capacità di prevedere quali saranno i rischi, le responsabilità, le competenze e le risorse da gestire in ogni fase del processo realizzativo e gestionale dell’opera, anche in relazione alle possibili variazioni del contesto di riferimento (cambio di giunta e/o di dirigenza, variazione di normative in corso d’opera, tempi disallineati tra l’approvazione dei bilanci locali rispetto alla manovra finanziaria dello Stato, assegnazione fondi europei, ecc.). In sostanza si richiede alle amministrazioni pubbliche di lavorare facendo previsioni riferite ad un periodo piuttosto esteso a volte anche più ampio rispetto agli incarichi ricoperti dai vari decisori pubblici.

La struttura della PA colloca, in sostanza, l’ente pubblico in una posizione di svantaggio rispetto al soggetto privato che, invece, di norma accompagna l’affidamento per tutta la fase di progettazione, realizzazione e gestione. Ciò nonostante, a differenza di quanto si sostiene nel documento del Comitato, secondo l’ultimo Report del Centro studi del Senato sul PPP applicato negli enti locali (2018), il PPP rappresenta una delle principali fonti cui le amministrazioni comunali ricorrono per finanziare la realizzazione di nuove infrastrutture e la fornitura di servizi. Degli 88 miliardi di euro messi a bando in 15 anni, oltre due terzi sono concentrati in quattro settori: trasporti (27,5%), energia e telecomunicazioni (22,4%), ambiente (18,2 %). edilizia sanitaria (7,9%).

Più che di “resistenze al cambiamento” di tipo culturale o di difesa corporativa, come riferisce il documento, esistono indubbiamente  preoccupazioni concrete in ordine alle criticità che interessano il mercato del PPP.

Citiamo per brevità quelle rilevate dall’ANAC nella Relazione di accompagnamento alle “Linee guida Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato”. L'Autorità Nazionale Anticorruzione scrive: "(...) ricorso eccessivo allo strumento concessorio, visto come modo di eludere presunte rigidità nel sistema degli appalti; ridotta capacità delle stazioni appaltanti nel procedere ad una corretta allocazione dei rischi; elevato tasso  di “mortalità” delle operazioni di PPP”; e quelle evidenziate dal Dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della Politica Economica (DiPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri “L’analisi empirica ha confermato un dato di fondo assai evidente nella prassi operativa: per la maggior parte dei casi le stazioni appaltanti italiane non sono in grado di dominare i processi relativi a questa tipologia di procedure che risultano quindi, con alta probabilità, poco efficaci per la Pubblica Amministrazione.” Nell’ambito di operazioni così complesse si evidenzia “la costante presenza di asimmetria di conoscenze e competenze tra la Pubblica Amministrazione e le controparti private, a favore di queste ultime. Da tale circostanza, tra l’altro, discende la possibilità per il partner privato di avere una forza negoziale maggiore rispetto a quella della Pubblica Amministrazione che rischia, in talune circostanze, di incidere negativamente sulla corretta impostazione contrattuale”.

Indubbiamente il PPP, per essere gestito “correttamente”, richiederebbe una diversa struttura organizzativa della Pubblica Amministrazione, non più articolata per competenze e responsabilità, ma per processi, con requisiti professionali tecnici ed economici adeguati via via consolidando la competenza del soggetto pubblico e arricchendola progressivamente, permettendo così un confronto fra pubblico e privato bilanciato. Ciò detto non semplificherei eccessivamente un giudizio sulla PA tenendo presente che non si può immaginare un miglioramento tangibile nel funzionamento della PA senza tenere conto della necessità di riattivare turnover  e formazione (boccati da diversi anni) e della sua complessità organizzativa (distante dalle logiche degli operatori economici privati) dove, di norma, un procedimento amministrativo e/o un servizio possono essere erogati attraverso l’interazione di più soggetti.

Come ultima considerazione posiamo dire che il privato (comprese le fondazioni bancarie) interviene già in campo sanitario, socio assistenziale e dell’edilizia sociale, ma si sta progressivamente affacciando su mercati di gestione e di investimento che per lungo tempo la legislazione, data la carenza di finanziamenti pubblici, ha normato e incoraggiato. Nel soppesarne, dunque, i rischi ma anche i benefici sociali derivanti dalla possibilità di realizzare più velocemente e/o in modo innovativo gli investimenti (anche per quanto riguarda l’housing sociale), l’indicatore di valutazione più rilevante, alla fine, non potrà che essere il vantaggio che ne deriverebbe per i cittadini.

LInk: questionario.pdf

Link: Linee_di_indirizzo_partenariato_pubblico_privato.pdf

Per la Redazione - Serena Moriondo